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Cosa sta cambiando
Nel mondo contemporaneo le grandi multinazionali come Amazon, Ebay, Facebook e Google rappresentano i maggiori esponenti di quella che tutti conosciamo come la “New economy”. Ma grazie alla complicità del mondo del web e alla tecnologia d’informazione sono diventate semplicemente l’economia.
Non dobbiamo quindi stupirci se queste grandi multinazionali hanno influenzato in modo sostanziale il mondo lavorativo agendo sull’organizzazione e sulla concezione che tutti avevamo del lavoro e che sicuramente continueranno a farlo anche nel futuro.
Parlano tutti di Industria 4.0 facendo riferimento ai nuovissimi sistemi di produzione che si contraddistinguono per le tecnologie innovative e avanzate fondate sui sistemi ciberfisici “Cps”. Questo genere di sistema informatico interagisce con il processo fisico con cui opera e con altri Cps che hanno le potenzialità per travolgere qualsiasi settore di produzione.
Il ruolo della robotica
Nell’ambiente di quella che tutti chiamano “quarta rivoluzione industriale“, la robotica ha il compito di fare da ponte tra il digitale e la concreta produzione di “beni e benessere” generando molta preoccupazione sul diffondersi dell’automazione industriale, principalmente tra gli studiosi.
Negli anni trenta un economista, John Maynard Keynes, ha chiaramente identificato i problemi che sarebbero derivati dall’arrivo di tecnologie sempre più innovative, aveva inoltre già previsto quella che lui definiva la “disoccupazione tecnologica“.
La tecnologia contemporanea ha reso possibile realizzare cose che nemmeno le menti più geniali avrebbero creduto fattibili; giusto per fare qualche esempio: le stampe digitali in 3D, la medicina e la logistica, dove i robot hanno contribuito e continuano a contribuire ad una radicale diminuzione della manodopera da parte dell’uomo.
Modifiche al mondo del lavoro
Carl Benedikt Frey e Michael Osborne hanno stimato, nel loro studio “Technology at work, the future of innovation and employment“, che l’automatizzazione prenderà il posto di circa il 50% dei lavori negli Stati Uniti nei prossimi decenni, con derivante perdita di posti di lavoro. L’Ocse invece è molto più ottimista e ha previsto una perdita di posti di lavoro causati dall’avanzamento delle tecnologie e dell’automatizzazione del 10%, inoltre secondo questa previsione, il 70% dei lavoratori dovrà adeguarsi cambiando il modo in cui lavorare.
I lavoratori altamente qualificati, o quelli che avranno ottime competenze tecniche-digitali, saranno senza dubbio premiati, a discapito di chi invece non avendo nessuna qualifica dovrà accontentarsi di lavori a tempo determinato piuttosto instabili.
I nuovi mestieri
I giovani che entreranno tra qualche anno nel mondo del lavoro avranno professioni particolari come: lo specialista in sicurezza informatica, l’ingegnere progettista, l’esperto di dati e specialista dei dati, l’esperto di privacy, l’architetto digitale, l’analista intelligente aziendale, il coltivatore verticale e altre professioni che nasceranno negli anni. Tutti questi sono lavori che hanno a che fare con la produzione intelligente “Smart manufacturing“, che consiste nella raccolta di dati sul web, il loro uso e la loro manipolazione, gestire e progettare un ambiente digitale e la produzione di apparecchiature e impianti altamente automatizzati.
La riscoperta della creatività
Comunque, anche se i robot potranno prendere il posto delle persone nei lavori ripetitivi, certo non potranno farlo in tutte quelle attività dove servono doti decisionali e creatività. Si riscopriranno tutti quei mestieri in cui la creatività e i sensi dell’uomo sono insostituibili rispetto ai robot, come ad esempio: sarti, orefici e arredatori, lavori che necessitano di un’anima e di un cuore che i robot non possono avere.
Si possono inoltre facilmente intuire le problematiche sociali che andranno affrontate a causa dell’innovazione della tecnologia: la scomparsa di numerosi posti di lavoro, l’aumento delle disuguaglianze che inevitabilmente si formeranno tra i lavoratori specializzati e quelli che non hanno nessun tipo di qualifica, e la difficoltà di questi ultimi di trovare lavoro con conseguenze piuttosto gravi sui livelli di disoccupazione.
L’uomo come priorità
Non servirebbe nemmeno dirlo, ma la speranza è che questo fenomeno dei robot e dei nuovi lavori abbia un preciso regolamento, principalmente per quello che riguarda l’aspetto fiscale. Saranno necessarie alcune norme che permettano di redistribuire la ricchezza, destinate a tutti coloro che non avendo nessuna qualifica saranno i più deboli.
Certo non è giusto imporre delle tasse sulla tecnologia, ma servirà per fare in modo che le grandi aziende non spostino i loro capitali all’estero ma li utilizzino per aiutare tutti coloro che per colpa della tecnologia perderanno il posto di lavoro.
Per quanto riguarda la normativa ci si può solo augurare che si preferirà un’economia fondata sui lavoratori e non sui robot e che sia in grado di mettere l’essere umano al primo posto, destinando il secondo ai macchinari.